Vincenzo Di Santo

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pirae

Secondo quella che finora era considerata “la tesi pressoché unanime degli studiosi”, il nome della cittadina trarrebbe origine da Marco Emilio Scauro, princeps senatus, console romano nel 115 a.C., proprietario nell'antico porto di Pirae (antica città attribuita arbitrariamente a questo luogo) di una sontuosa villa marittima.

Di una "possessio scauriana" si parla nel Liber Pontificalis del 432 d.C., attraverso il quale il Papa Sisto III edificò la Basilica Liberiana di Roma grazie anche a donazioni provenienti da un possedimento sito in "territurio Gazitano". La Possessio, tuttavia, non era un possedimento territoriale ma bensì una tassazione monetaria. L'errore di considerarlo un dono territoriale si deve al Tarcagnota, poligrafo del XVI secolo dai preminenti interessi storico-antiquari e cartografici, di famiglia greca oriunda dalla Morea e stabilitasi a Gaeta. La possessio – tra l’altro – potrebbe localizzarsi molto congruamente nel territorio Sublacense, tra Tivoli e Subiaco, dove esiste una località Scorano/Scoriano possibile prediale di scauranum e facente parte di proprietà ecclesiastiche. Inoltre il territorio sarebbe completamente omogeneo agli territori citati nel Liber, quelli di Preneste ed Affile.

Si consideri che tutti i riferimenti letterari, tra il XVIII e il XIX secolo, sull'ipotesi del toponimo tratto dal Console nascono non da storici, ma da canonici locali[3]. Gli studiosi successivi (Jotham Johnson, Angelo De Santis, G. Tommasino, F. Coarelli, G. M. De Rossi, per citarne alcuni) riprendono la suddetta tesi, citando i precedenti riferimenti. Possibile che la cittadina ausone di "Pirae", insieme a quella di Minturnae, facesse parte della Pentapoli Aurunca, anche se esistono dubbi sulla precisa localizzazione delle città della federazione anti-romana. Taluno suppone che "Pirae" non fosse altro che un castrum, un avamposto militare e commerciale della stessa Minturnae. Al di là delle certezze sulla localizzazione, l'esistenza di Pirae è attestata, in ogni caso, da quattro cippi, visibili ancora oggi presso il Museo di Minturnae. Essi, infatti, citano quattro schiavi della gens Pirana (o Peirana). Va ricordato, poi, l'enorme dolium, recipiente usato per la conservazione del vino o dell'olio, ripescato negli anni ‘80 al largo di Ventotene e custodito, tuttora, nel Museo archeologico dell'isola: la sua fabbricazione fu opera di liberti della gens dei Pirani. Plinio il Vecchio nel Naturalis Historia del I sec. d.C. la dà già in rovina ("fuit oppidum"), localizzandola tra Formiae e Minturnae.

In assenza di un riscontro diretto, il collegamento con il console M. Emilio Scauro è suffragato da diversi indizi, tra cui la corrispondenza tra la cronologia della dimora e l'epoca in cui visse il politico (II-I secolo a.C.), la coincidenza tra il toponimo ed il cognomen del console, l'uso immemorabile degli aggettivi "scauriana" e "scauritano". Bisogna sottolineare, tuttavia, che il cognomen "scaurus" e l'aggettivo "scaurianus" si potrebbero legare almeno ad altri tre gentilizi: gli Umbrici, gli Aureli, i Terenzi, e che il termine "scauritano", come segnalato dallo studioso Castrichino, è termine di origine medievale, che potrebbe riferirsi ad un popolo o cittadinanza. Il Castrichino rileva con sagacia come il lemma “Scauritano” venga impropriamente avvicinato agli Scauri, agli Emili in particolare.

Scauritano va inquadrato in altre forme altomedievali simili, quali amalfitano, neapolitano, salernitano, ischitano, atte ad indicare una comunità, un popolo o una cittadinanza.

Del resto è certezza acquisita dalla ricerca etimologica moderna in ambito europeo che i suffissi in –(i)tanus riconducano a etnici e non ad antroponimi: cfr. E. B. Ferrer, Paleosardo: le radici linguistiche della Sardegna neolitica, Parigi-New York, 2010, pag. 28, dove in nota 16 si elencano a titolo di esempio gli etnici Aquilani, Lusitani, Ausetani, Turdetani, Caralitani, Celsitani, Panormitani, ecc.

Da segnalare anche il "cippo confinario" ritrovato a Castelforte (ed ora custodito a Minturnae) che cita un certo Metello. La famiglia dei Cecili è attestata a Minturnae e Cecilia Metella era la moglie di M. Emilio Scauro. A considerare il termine "scaurus", si potrebbe, quindi, supporre anche un legame con gli Umbrici Scauri, ricchissimi produttori del celebre garum in Campania (piscine per l'allevamento ittico erano presenti in località Monte d'Oro)[4].

Consideriamo ancora che inoltre il termine "scaurus" richiamava ai detriti metallici derivati dalla lavorazione dei metalli (anche in questo caso abbiamo notizie certe della lavorazione di metalli nella zona della Minturnae romana)[5]. Secondo un'altra tesi isolata[6], l'origine del nome di Scauri sarebbe connessa con l'etimologia greca: il toponimo deriverebbe da "eskhara", che significa braciere ardente (relativamente al clima mite della cittadina o forse alle piccole dune di sabbia della spiaggia che - scaldandosi al sole - divenivano roventi). Esiste un'altra Scauri a Pantelleria, ma in questo caso al nome del luogo si attribuisce un'etimologia di origine greca (eskarion = porto, attracco - scaro). Le due omonime cittadine condividerebbero quindi influenze greco - bizantine (Ducato bizantino di Gaeta nel nostro caso) e rapporti "conflittuali" e commerciali con i Saraceni.

Una recentissima ipotesi, di due ricercatori romani, vuole che il luogo derivi dal termine altomedievale "scaula" (barca). La forma lessicale, di origine bizantina, si svilupperebbe nel luogo proprio grazie al suo essere porto naturale sul Tirreno (Cfr. Salvatore Cardillo - Massimo Miranda, "Scauri, li Scauli e l'invenzione della villa di Marco Emilio Scauro", 2013). Il recente saggio storico ipotizza come la tradizione che il nome di Scauri sia da far risalire a Marco Emilio Scauro, console e senatore romano, sia probabilmente una pura invenzione. Infatti, le ipotesi che si succedono nei secoli a favore della derivazione del toponimo dal console e senatore romano, mancano puntualmente di riscontri documentali. Il primo che associa Scauri alla "gens Aemilia" è Francesco Maria Pratilli, noto falsario. Dalla forma scaula-ae, si sarebbe formato il maschile Scauli che per rotacismo avrebbe portato al toponimo del luogo. L'ipotesi è suffragata dalla opinione di Giandomenico Serra, grande linguista e glottologo, che in: Appunti di Toponomastica : Postille in margine alla “Storia di Genova” (vol. II) di Ubaldo Formentini in Rivista di Studi Liguri, XVII (1951), pp.. 225-240 avvicina l'etimo grecoromano alle cittadine di Scauri di Minturno e Scauri di Pantelleria.

Interessante la notizia, riportata alla luce dai due studiosi romani , che Ponzio Pilato potesse essere nato in quei luoghi, notizia tramandata dal teologo domenicano Tommaso Elisio. Si è teorizzato che proprio il territorio di Scauri fosse il luogo vicino al Garigliano, presso il quale i Saraceni si stanziarono (intorno all'881), per poi partire in incursioni terribili e devastanti verso l'entroterra (Montecassino stessa venne messa a ferro e a fuoco nell'883). L'insediamento saraceno sul Garigliano venne sgominato solamente intorno al 915, dopo un lungo assedio e una battaglia campale. Recenti campagne di scavo non hanno portato purtroppo a riscontri positivi. Tuttavia si continua a ipotizzare che potesse essere proprio Scauri il luogo dell'insediamento corsaro. Congettura piuttosto suggestiva: si tratterebbe - assieme alla roccaforte saracena di Fraxinetum, l'odierna La Garde-Freinet, sul Golfo di Saint-Tropez - dell'unica testimonianza di un insediamento "stanziale", seppur solo per qualche decina d'anni, dei pirati saraceni in Europa[7][8].noi.